Recensione “Opium War” (2008)

Raccontare una storia di guerra senza scene di guerra è sempre un modo affascinante per cristallizzare le emozioni dei personaggi all’interno di uno scenario apparentemente irreale, ma purtroppo vero. Siddiq Barmak, già regista dell’acclamato Osama (vincitore del Golden Globe per il miglior film in lingua straniera), torna ad occuparsi della guerra in Afghanistan raccontando la storia di due uomini diversissimi tra loro all’interno di una nuova realtà con la quale dovranno imparare a interagire.

In seguito all’abbattimento del loro elicottero, due piloti americani si ritrovano a vagare nel deserto afgano, senza provviste e senza la possibilità di comunicare con il loro comando, capendo immediatamente che la realtà del posto è ben diversa da come la vedevano dal cielo. Nel loro vagare senza meta, i due finiscono nei pressi di un campo di papaveri d’oppio, dove intravedono un carro armato talebano. In realtà all’interno del tank c’è una famiglia di pastori afgani, una donna incinta e dei bambini. Nonostante l’incapacità di stabilire una comunicazione verbale, i piloti e i pastori in qualche modo troveranno il modo di convivere, divisi dal campo d’oppio, consapevoli del fatto di trovarsi tutti nelle stesse, disastrose, condizioni.

La pellicola di Barmak è pregna di grandi tematiche: il contesto bellico, all’apparenza invisibile ma in realtà presente, avvolgente, capace di allungare la sua ombra su tutta la pellicola; l’incapacità di comunicare tra i piloti e la famiglia afgana, metafora delle difficoltà comunicative che spesso sono il motivo dei conflitti di tutti i giorni, l’amicizia tra due uomini diversi per cultura e carattere, ma capaci di unirsi nel momento di dover contare l’uno sull’altro (emblematica la scena in cui i due utilizzano come bicchieri due stivali pieni di acqua per brindare come vecchi amici). In tutto ciò emerge chiaramente che in tempo di guerra tutti sono vittime in cerca di un’altra possibilità, la possibilità di poter tornare ad assaporare una vita lontana dal dolore e dalla sofferenza.


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